Animali Notturni, il secondo film di Tom Ford, ci mette di fronte a uno dei grandi problemi del cinema: quello della necessità di essere “accessibile” per venire apprezzato.

A scanso di equivoci lo scrivo subito: Animali Notturni è, assieme a The Neon Demon, il miglior esponente del cinema americano di quest’anno.

animali notturni

Animali Notturni e Insofferenti

Ci sono un paio di cose che non riesco a sopportare nelle legittime e oziose discussioni sui film.

Una è il sempre più gettonato “È lento“, come se tutti i film dovessero avere un ritmo vorticoso o la struttura di un cinecomic/commedia hollywoodiana/blockbuster/gangster movie.

La cosa assurda, in questo caso, è che se anche volessi etichettare qualche film come “lento”, non lo farei per Animali Notturni, che tutto sommato ha un incedere sinuoso ma mantiene la tensione costante.

Se poi uno va in sala aspettandosi un film di Michael Bay, o pensa che tutti i film debbano essere come quelli con protagonista Vin Diesel, beh, l’errore sta a monte.

L’altra cosa insopportabile è il diffuso concetto del “Non l’ho capito, quindi lo boccio“.
Diretta conseguenza della necessità di “capire” un film (ma perché?) per apprezzarlo.

animali notturni

Animali Notturni rappresenta, all’interno del cinema di alto livello occidentale, un tuffo liberatorio nei territori della provocazione narrativa, con il registro patinato-sentimentale alternato ad una storia dai toni fratelli Coen-Cormac McCarthy.

Un cinema che in fondo se ne sbatte di essere conciliante, di andare incontro allo spettatore, di dire tutto e subito o far strillare frasi ad effetto.

Un cinema forse un po’ autocompiaciuto, forse anche snob. Ma di quello più stimolante.

Qui di compromessi, a differenza dell’opera di Nicolas Winding Refn, ce ne sono.

A partire dalla struttura “di genere” del romanzo, che ci getta però a sua volta una vertiginosa riflessione metanarrativa.

“Se leggi un libro, anche il libro leggerà te”

Mi permetto di citare Nietzsche per l’ovvia situazione che si crea tra Susan (Amy Adams) e il romanzo che le ha inviato il bistrattato ex marito, Edward (Jake Gyllenhaal).

Una storia di vendetta tramite letteratura che meriterebbe da sola tifo da stadio, condotta con sapiente uso delle transizioni e dei salti temporali, della scomposizione narrativa e della psicologia.

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Quando leggiamo un romanzo non facciamo altro che comporre nella nostra testa un quadro visivo, nel quale possiamo dare un volto e una voce ai protagonisti, immaginare gli ambienti ed essere “registi” delle azioni che compiono i personaggi

Ecco perché Susan vede Edward nei panni di Tony, il povero professore vittima degli eventi del libro.

Ecco perché lui stesso ha scritto parte della vicenda e dei personaggi, come l’antagonista Ray (Aaron Taylor-Johnson) come riflesso della parte di se stesso che secondo lei gli mancava. E che probabilmente ancora gli manca.

La vendetta si consuma freddissima, inesorabile, ipnotica: una vera e propria inception nella testa di Susan, che alla fine capitola e subisce il vuoto della sua condanna.

Edward è forse riuscito a diventare quello che voleva (che entrambi volevano) proprio mentre il mondo di lei, costruito su basi d’argilla, si sta sgretolando.

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Animali Notturni. Emozione vs. Comprensione

Quello che c’è da capire, in fondo, è che non c’è niente da capire.
Davvero niente.
C’è solo da guardare, sentire.

Esattamente come accade nel cinema più orgogliosamente autoriale, come quello di David Lynch, Ford ci ricorda che un film è un sogno.
O, in questo caso, un sogno dentro un sogno, massima di derivazione squisitamente letteraria.

Freddo, algido, composto, caldo, violento, rabbioso.
Come nella vita reale, si compone di elementi opposti.

Se alcuni passaggi sembrano un po’ didascalici, non si può che rendere merito all’autore di aver liofilizzato in poche, esplicative battute (meravigliosa la uber-mamma di Laura Linney) il dolore che agita le persone di una certa sensibilità: l’ansia di non riuscire ad essere quello che si vorrebbe, di non soddisfare le aspettative altrui.

Una guerra interiore che solo chi ha combattuto – o tuttora combatte – sa che cosa significhi.

E se pensi di doverlo capire, probabilmente non è il film che fa per te.

Salutatevi da lontano, mantenete inalterata la stima, tornate a casa e buttatevi su qualcos’altro.

Giacomo Lucarini

Giacomo Lucarini

Life Coach, Dottore in Tecniche Psicologiche e Specialista in Comunicazione e Marketing. Curioso per passione e con tanta esperienza sul campo. Lettore compulsivo di noir, amo i film d’autore, il cyberpunk e la musica lo-fi. Se senti di avere bisogno di una mano per migliorare la tua vita, sono la persona giusta.

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