Assassin’s Creed è forse il miglior film tratto da un videogioco, ma resta comunque un film mediocre.

Dato che al centro della trama (se così la vogliamo chiamare) del film c’è la Mela dell’Eden, il concetto di peccato Assassin’s Creed se lo chiama proprio addosso.

Primo di tutta una serie di errori che sgonfiano il pathos e ammazzano l’interesse verso la pellicola, il peccato originale della pellicola del pur bravo regista Justin Kurzel è quello di non averci dato una seppur minima ragione per appassionarci alla storia.

A partire da quello che dovrebbe essere il suo cuore pulsante: il protagonista.

Michael Fassbender/Callum Lynch è un avanzo di galera, un assassino (prima ancora che un affiliato della Confraternita) che è stato condannato a morte e giustiziato.

Ci viene mai dato un buon motivo per prendere a cuore la vita e le sorti del nostro protagonista?

No.

Backstory drammatica: mamma (forse) uccisa da papà, lui testimone (indiretto) a circa 10 anni.

Fine.

Poi lo ritroviamo quarantenne, come una bestia feroce (cit.), omicida e prossimo all’iniezione letale. Ridicolo il suo tentativo di giustificazione: “Ho ammazzato un pappone”. LOL

Condannato per UN omicidio, ma chissà quanti altri ne ha commessi e non lo sappiamo…

Cool? Boh, non lo ritengo particolarmente cool come unico aspetto connotativo di un personaggio principale.

Ma cosa ce ne frega a noi?

Quando il protagonista è un personaggio negativo o magari ambiguo, nelle narrazioni che funzionano ci viene comunque data una serie di ragioni per cui stare al suo fianco e prenderci a cuore la sua sorte.

Che so… mantiene dei bambini di un orfanotrofio, dedica la sua vita alla ricerca del padre, si è fatto prete, soffre di attacchi di panico, tutt’al più uccide SOLO dei serial killer ma con stile e garbo.

Ripeto: babbo uccide mamma = personaggio di cui ci dovrebbe importare? Non penso.

Callum non compie mai un’azione che sia degna della nostra ammirazione, perlomeno del nostro “perdono” sulla via di una sua possibile redenzione.

Assassin’s serious

Poi, se proprio vogliamo, c’è un altro aspetto per niente secondario.

Assassin’s Creed si prende talmente sul serio che la parola “troppo” diventa riduttiva.

Ma l’unico a prendersi sul serio è il film.

In una parola: pesante.

Non sono uno di quelli che si lamenta dell’eccessivo umorismo nei film Marvel. Se mai della sua qualità.

Ma se i film della Casa delle Idee sono tanto amati (e incassano) a tutte le latitudini e da tutte le età ci sarà pure un motivo, no?

Ecco, una cosa che non sopporto – come una buona fetta di spettatori del cinema, del resto – sono film che si prendono troppo sul serio.

Un wannabe-blockbuster che dovrebbe conquistare le platee mondiali non può comportarsi come un videogame che si rivolge a un segmento di pubblico più o meno nerd ma comunque “adolescente inside” (perlomeno nell’animo, pure chi sta fra i trenta e i quaranta come me).

Se questa cosa può funzionare in un videogioco, dove si ha una decina di ore di gameplay dove ci si diverte a intervallare le cutscene dal tono epico/dark, in un film non va bene.

Alla fine sembra, appunto, di aver assistito a un taglia/incolla di sequenze non giocabili (proprio come certi video su YouTube). Di gran classe, ma con lo spessore di un pixel.

Poche regole, ma fondamentali. Il flop, prima artistico e poi al botteghino, è pienamente meritato.

Finché il cinema di/da videogiochi continua a comportarsi come una succursale dell’universo videoludico e non come un mezzo di comunicazione distinto, capace di fare e dare “altro”, non avremo altro che questi risultati.

Inoltre, lo storytelling si riduce a l’ennesimo scontro “(forse) buoni vs. (forse) cattivi” per l’ennesimo oggetto che condizionerebbe il destino dell’intero genere umano (yawn) senza un minimo di scavo psicologico o di novità.

Datemi qualcosa per cui tifare, per favore. O almeno le belle sequenze action/parkour mettele davvero al centro del film, non 10 minuti su un’ora e quaranta…

A volte osare può pagare di più di una stanca e semplicistica riproposizione di storie che abbiamo già visto e sentito mille volte.

Morale: un filmetto action di serie B ma scritto con umiltà e sapienza, come John Wick con il buon vecchio Keanu Reeves, me lo rivedrei anche un paio di volte.

Per Assassin’s Creed una basta e avanza. E forse è pure troppo.

Giacomo Lucarini

Giacomo Lucarini

Life Coach, Dottore in Tecniche Psicologiche e Specialista in Comunicazione e Marketing. Curioso per passione e con tanta esperienza sul campo. Lettore compulsivo di noir, amo i film d’autore, il cyberpunk e la musica lo-fi. Se senti di avere bisogno di una mano per migliorare la tua vita, sono la persona giusta.

Pin It on Pinterest

Share This