Il suono è un brand.
Come ti “suona” questa affermazione?
Prova a pensare a quanti brand associ a musiche, jingle, voci, rumori particolari… non potrai che essere d’accordo.
La creazione di un’identità sonora è importante quanto la creazione di un’identità visiva.
Questo perché l’udito, spesso sottovalutato, è uno dei sensi che utilizziamo di più per decodificare la realtà che ci circonda.
Ascoltare qualcosa è uno dei modi più veloci per farla entrare dentro di noi.
Ma c’è un altro risvolto della faccenda: senza ascolto, non c’è comunicazione.
Anche il brand più affermato, più capace nel creare paesaggi sonori emozionanti e unici, crollerebbe sotto il peso di un disinteresse verso il mondo esterno.
Ora più che mai.
La regola è questa: ascoltare davvero, per riuscire a farsi ascoltare.
Non è un caso se, nel percorso #OpenStories che ci porta per mano nel mondo dell’open banking, una banca nata e cresciuta online come Widiba ha voluto coinvolgere Chiara Luzzana, prima ancora che sound designer, artista del suono a tutto tondo.
Il suo intervento ci ha portato per mano nel mondo dei rumori che si trasformano in sinfonie, nel processo che porta suoni del quotidiano a diventare note nel pentagramma della realtà.
Lei, che ha creato innovative tracce sonore per brand importanti, spiega così: “Un suono genera credibilità. Il suono produce impatto nel nostro immaginario e dona la forza di non essere dimenticati”.
Ma ovviamente, “anche l’audio ha una sua identità, e per comunicare con il suono si parte sempre da una analisi. I colori, le emozioni sono colonne sonore capaci di comunicare a target specifici”, conclude Chiara.
L’ascolto, dicevamo. Proprio quello che serve per partire e mettere in connessione i rumori che diventeranno una musica.
Perché senza ascolto non c’è comunicazione, appunto.
Ascolto, per noi che viviamo e spesso lavoriamo nell’universo digitale, significa prestare attenzione a molteplici fonti.
Non solo audio, certo: oggi si parla con la messaggistica, con i commenti ai post, con le reactions, con una GIF animata.
Per le aziende questo vuol dire dover captare e decodificare tutti i segnali che arrivano dal proprio settore, dal proprio target e dai propri clienti.
I Big Data hanno cambiato tutto, ci hanno dato accesso ad informazioni dettagliatissime su ogni ambito, capaci di dare vita a banche dati preziose.
Anche loro, se non vengono adeguatamente ascoltati, rischiano di essere soltanto un fiume in piena che travolge il cervello e magari generare più confusione.
Ti è mai capitato di avere così tanta mole di numeri e informazioni da non sapere più neppure da che parte iniziare?
Un po’ come ha sottolineato Marie Johansson, della app Tink, che aggrega conti bancari: “Siamo sommersi di dati, ma dobbiamo renderli comprensibili per la gente. Soprattutto se vogliamo trasformare le persone in clienti”.
Oggi tutti noi, come clienti, abbiamo il potere di affidarci a chi mi garantisce servizi ed esperienza migliori.
Possiamo e dobbiamo “aspettarci di più”, ed ecco perché in un panorama che garantisce libertà di scelta come mai prima d’ora, un’azienda ha il dovere di ascoltare i dati che arrivano da varie fonti e creare un ecosistema su misura per noi.
E qui arriviamo all’open banking: dopo la direttiva europea sui pagamenti digitali del 2018, i nostri dati – se lo autorizziamo – potranno essere accessibili da più soggetti, creando maggiore competizione all’interno dei sistemi bancari e relativi servizi.
Ecco perché garantire una migliore soddisfazione, partendo dall’ascolto e la comprensione delle necessità, è la sfida dell’immediato presente.
Un po’ come esplicita chiaramente Widiba con il progetto OpenStories: se ci pensi, il concetto di “apertura” non si associa immediatamente ad una banca.
Eppure rimettere al centro il dialogo, anche promuovendo informazione ed educazione, è il concetto principe di questa iniziativa.
Fare educazione ma al tempo stesso stare in ascolto, creare consapevolezza e nello stesso tempo costruire un linguaggio aperto e condiviso su questa nuova frontiera “open” del mondo bancario, con cui tutti nella vita abbiamo a che fare.
Trasformare sigle e parole “di settore”, quasi incomprensibili per la gente comune in qualcosa di più accessibile è una sfida meritoria che sicuramente darà frutti importanti.
Ed è il senso di un lavoro che dal 2014, in maniera virtuosa, Widiba porta avanti con la sua community – coltivata attraverso la piattaforma di storytelling e gamification Say&Play, fino a raggiungere numeri importanti e una platea intergenerazionale.
Un’altra voce femminile, infatti, ha poi sottolineato la necessità di continua innovazione per andare incontro alle esigenze degli utenti: Daniela Pivato, dinamica direttrice del settore Information Technology di Widiba
Lei più di chiunque altro sa quello che gli utenti vogliono. Vagliando migliaia di messaggi e richieste, ha ricapitolato la storia della banca nata sull’ascolto e le sue oltre 25 innovazioni basate sulla ricezione dei bisogni della community.
L’arrivo di Google Home come nuovo sistema di gestione del conto è solo l’ultima in ordine di tempo.
Come giustamente hanno concluso due startup italiane di successo, Growish Pay e Young Platform, capire i comportamenti degli utenti e andare incontro alle loro esigenze è ormai l’unico requisito fondamentale per crescere.
Ascoltare, appunto. Ascoltare per farsi ascoltare, quando abbiamo qualcosa che possa “risuonare” nella mente e nel cuore dei nostri utenti.
Sempre con mentalità Open.
Sono un lettore compulsivo, amo il cinema d’autore e la musica lo-fi. Di professione Life Coach e Digital Strategist, due carriere nate dalle passioni della mia vita e tanta esperienza sul campo. Se senti di avere bisogno di una mano per migliorare la tua vita, sei nel posto giusto!