Secondo una famosa ricerca del 2010, avere conversazioni più significative o “profonde” rende le persone più felici.

Lo studio, condotto dal professor Matthias Mehl con ampia risonanza internazionale, ha anche concluso che non importa se sei una persona estroversa o introversa:

se scambi con qualcuno informazioni importanti su relazioni, politica o altro, sarai comunque più felice.

Abbiamo quindi assistito al sogno di qualunque individuo che odia le chiacchiere.

Il cosiddetto “small talk”, sparlare, fare gossip, aprire bocca tanto per farlo, commentare eventi e fatti superficiali e ininfluenti non ha alcun legame con l’essere più sereni e contenti.

Il professor Mehl ha specificato:

“Le chiacchiere non contribuiscono positivamente alla felicità, né negativamente”.

Esattamente come il quasi centenario studio di Harvard in proposito, la conclusione è che a pesare sul piatto della bilancia è soprattutto la quantità o la qualità dei nostri rapporti sociali.

Ok, ma come possiamo definire in modo preciso la differenza tra le “chiacchiere” e le conversazioni significative?

Le prime sono il centro di una conversazione in cui i due interlocutori si allontanano sapendo ancora poco o nulla l’uno dell’altro.

Una conversazione significativa, invece, vede i protagonisti scambiarsi informazioni reali e profonde e andarsene un po’ più ricchi e curiosi.

In generale, qualunque sia l’argomento della discussione, il livello di approfondimento e di “mettersi in gioco” deve essere più che banale.

Dunque, finalmente tutti noi che le detestiamo, possiamo urlare un liberatorio

“Al diavolo le chiacchiere!”

Un attimo, però.

Il prof. Mehl conclude:

“Anche se le chiacchiere, per così dire, a vuoto non sono collegate alla felicità, sono comunque necessarie”

Piaccia o meno, sappiamo che fare qualche chiacchiera superficiale ogni tanto è una componente necessaria della nostra vita sociale.

E poi non è che sia sempre possibile avvicinarsi a un (semi)sconosciuto e lanciarsi in una conversazione profonda o fare conferenze super-articolate su politica, scienza e filosofia.

Una cosa però è necessaria: non sostituire mai interamente con la superficialità una buona conversazione più sostanziosa.

Mai adagiarsi su una leggera superficialità rispetto a un piccolo impegno che può fare la felicità.

Ho trovato particolarmente interessante il contributo del professore di psicologia sociale Sam Sommers alla discussione (appunto!), quando ha scritto che alcuni studenti lo avevano elogiato per “aver fatto due chiacchiere” con la classe prima delle lezioni effettive.

“Ammetto però di aver avuto una reazione contrastante”, ha ammesso Sommers.

“Da un lato, mi ha fatto piacere di aver creato un clima accogliente in classe… Ma poi mi sono detto: questo significa che con gli altri insegnanti non succede quasi mai”.

La conclusione è semplice: ci stupiamo se qualcuno che non conosciamo, o che ha un ruolo (o un’età) differente dal nostro, si dimostra cordiale e scambia qualche parola, anche leggerissima, con noi.

Insomma, non andiamo in giro a sorridere o a parlare con gli altri quanto dovremmo.

Siamo sempre troppo presi dalle convenzioni, dai ruoli, dal pudore o dall’ansia di essere giudicati, quindi abbiamo essenzialmente dei “paraocchi percettivi” e tendiamo a non condividere la nostra energia mentale.

Certo, magari questo ci permettere di essere più concentrati…

…ma quanto siamo meno connessi con le persone che ci circondano?

Tutto sommato, come dimostra Sommers, usare quattro chiacchiere anche banali per “uscire dalla nostra bolla” può essere un’idea utile che rende gli altri persino felici.

Giacomo Lucarini
Giacomo Lucarini

Life Coach, Dottore in Tecniche Psicologiche e Specialista in Comunicazione e Marketing. Curioso per passione e con tanta esperienza sul campo. Lettore compulsivo di noir, amo i film d’autore, il cyberpunk e la musica lo-fi. Se senti di avere bisogno di una mano per migliorare la tua vita, sono la persona giusta.

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