Molti autori e autorevoli personaggi si sono interrogati sul perché odiamo il lavoro.
Un concetto valido, con varie sfumature più o meno evidenti, per ciascuno di noi: detestare il proprio lavoro può capitare, odiarne alcuni aspetti è quasi un’esperienza quotidiana.
Anche un grandissimo intellettuale come Ray Bradbury, tra gli scrittori più amati di sempre nel campo della fantascienza umanistica e sociale e oltre, si è chiesto più volte il perché odiamo il lavoro nelle sue riflessioni sulla necessità di fare quello che si ama.
Dalle sue parole traspare una profonda saggezza che riguarda l’occupazione, la produttività e l’essere presenti a se stessi per vivere meglio.
“Perché in una società dal retaggio puritano abbiamo sentimenti così ambivalenti nei confronti del lavoro? Ci sentiamo forse in colpa se non siamo occupati? Ma ci sentiamo in qualche modo sporchi, d’altra parte, se sudiamo troppo?”
– Ray Bradbury
La conclusione del grande scrittore era che spesso ci rassegniamo a lavori che non sentiamo profondamente nostri, a falsi affari, giusto per non annoiarci.
Oppure ci limitiamo a concepire l’idea di lavorare per il denaro.
Il denaro diventa l’unico oggetto, obiettivo, fine ultimo.
Ti sembra una cosa sensata e “normale”, vero?
Beh, considera che quando un lavoro diventa per la tua testa solo un mezzo per raggiungere un fine, la noia è dietro l’angolo.
E con lei tutti i problemi di assenza di scopo, significato della vita, crisi di motivazione.
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Odiare il lavoro: perché meravigliarsi?
Se non troviamo un senso in quello che facciamo per lavoro, finiremo in un buco nero.
Anche nella più tecnica e routinaria delle occupazioni, c’è bisogno di soddisfazione e creatività.
Odiare il lavoro può anche distorcere le nostre percezioni di successo e fallimento.
Se non riusciamo più a capire se stiamo facendo qualcosa che ci dà gioia o se siamo intrappolati in un loop dannoso, la prima cosa a risentirne sarà il lavoro stesso, che inizieremo a detestare.
Bradbury scrive:
“Non dobbiamo guardare il lavoro dall’alto in basso. Non c’è fallimento se non ci si ferma. Non lavorare significa fermarsi, irrigidirsi, innervosirsi e quindi distruggere il processo creativo”
Sostenitore da sempre della necessità di fare ciò che si ama, Ray Bradbury è però anche molto consapevole dell’inutilità di giri di parole “motivational” tanto per fare, e rivendica l’esperienza come maestra.
“Vi sembro forse una specie di guru? Uno yogi che si nutre di kumquat, di arachidi e di mandorle sotto un albero esotico? Vi assicuro che parlo di tutte queste cose solo perché hanno funzionato per me per cinquant’anni. La vera prova del nove è nel rendere il lavoro qualcosa che si ama”
Quindi non resta che essere pragmatici.
Ma soprattutto, agire per cambiare le cose sul lavoro e renderle più vicine a quello che sentiamo come giusto, stimolante e corretto per noi.
Trovare l’energia e il coraggio per creare qualcosa di nuovo può trasformare il nostro rapporto con il lavoro.
E l’obiettivo è amare sempre e comunque quello che facciamo.
Sono un lettore compulsivo, amo il cinema d’autore e la musica lo-fi. Di professione Life Coach e Digital Strategist, due carriere nate dalle passioni della mia vita e tanta esperienza sul campo. Se senti di avere bisogno di una mano per migliorare la tua vita, sei nel posto giusto!