Circa 25 anni fa lo psicologo Jonathan Smallwood si è messo in testa di studiare i “vagabondaggi mentali”, ovvero le distrazioni che ci fanno compagnia tutti i giorni.

Il suo primo passo è stato quello di porre ai partecipanti al suo studio alcune semplici domande, in modo da poter comprendere più a fondo quando e perché le menti tendono a vagare, nonché quali argomenti tendono ad attirarle.

Negli anni successivi, iniziò a scansionare il cervello dei partecipanti per vedere esattamente cosa succedeva durante il processo di vagabondaggio della mente.

Smallwood ha così scoperto che le menti infelici tendono a vagare nel passato, mentre le menti felici tendono a pensare al futuro.

(Attenzione: questo non significa che pensare al futuro sia necessariamente bello!)

La ricerca ha concluso anche che spesso il nostro vagare tra i ricordi del passato è fondamentalmente un tentativo del nostro cervello per aiutarci a prepararci a ciò che ci aspetta…

…tentativo non sempre fruttuoso.

Alcune forme di vagabondaggio mentale sono dannose, a volte associate alla depressione – ad esempio, soffermarsi su problemi che non possiamo risolvere – ma per Smallwood raramente sono inutili.

Dobbiamo interpretare le distrazioni come un segnale della mente: sta cercando di dirci qualcosa.

Si tratta semplicemente di una parte del nostro cervello che cerca di fare “un po’ di lavoro” in un momento in cui ci sembra che non ci siano molte altre cose in corso.

Distrazione o sogno a occhi aperti?

Si tratta di un processo simile, utilizzato in un contesto diverso.

Se fossi in vacanza, potresti dire che stai sognando ad occhi aperti su cosa ti piacerebbe fare dopo.

Ma se sei sotto pressione per ottenere un risultato, la distrazione che provi staccando la mente dal compito che hai davanti è sicuramente un vagabondaggio mentale.

Gli scienziati distinguono questo fenomeno con due tipi di definizioni: il pensiero spontaneo e il disallineamento fra attenzione e percezione.

Il nostro subconscio alterna entrambi, il primo quando siamo rilassati o diamo importanza a quello che ci circonda (ti assenti, fantastichi), il secondo quando nonostante sappiamo che non dovremmo, ci lasciamo andare a pensieri differenti dall’impegno.

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I social media sono il “nuovo” vagare con la mente?

Ammettiamolo, quando diciamo “distrazione” diciamo “social media”.

Le app del nostro smartphone sono letteralmente la nuova frontiera del vagabondaggio mentale, o perlomeno colmano il “vuoto” che la nostra mente crea.

 L’atto di vagare con la mente può essere infatti di natura molto sociale.

Durante le nuove ricerche di Smallwood, le persone vengono chiuse in piccole cabine e viene chiesto di svolgere determinati compiti…

…e loro continuano a uscire spiegando: “Sto pensando a cosa stanno facendo i miei amici”.

Questo la dice lunga: le persone tengono molto agli altri e sentono la necessità di vederli, sentirli o… leggerli, perlomeno, quando hanno dei momenti di distrazione da riempire.

C’è però una differenza fondamentale: creare pensieri più o meno concreti con la mente è un momento decisamente attivo, mentre lo scrolling dei social media è qualcosa di passivo.

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Giacomo Lucarini
Giacomo Lucarini

Life Coach, Dottore in Tecniche Psicologiche e Specialista in Comunicazione e Marketing. Curioso per passione e con tanta esperienza sul campo. Lettore compulsivo di noir, amo i film d’autore, il cyberpunk e la musica lo-fi. Se senti di avere bisogno di una mano per migliorare la tua vita, sono la persona giusta.

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